Simona Mingolla: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori”

Ho visto qualche tempo fa il film “The Internationalin cui l’agente dell’Interpol Louis Salinger (Clive Owen), con la collaborazione di Eleanor Withman (Naomi Watts), è impegnato in una missione che sembra davvero impossibile: far emergere le prove del coinvolgimento di una grande banca intrallazzata nel traffico illegale di armi a sostegno di una delle più grandi organizzazioni criminali del mondo. Partiti da Berlino (dove un collega di Louis ha perso la vita) i due seguono le piste di denaro sporco e giungono a Milano dove assistono all’omicidio, nel corso di un comizio, di un rampante leader della nuova destra. Ad ogni passo avanti che compie l’inchiesta, le vite dei due protagonisti sono sempre più a rischio. Ed è a Milano, a quel leader e costruttore di particolari testate (dopo circa 30’ dall’inizio del film), che i due formulano la serie di domande le cui risposte mi hanno portato ad un’evidenza e a delle riflessioni che voglio condividere con Voi lettori. In particolare, quando gli chiedono perché la banca impegni tanti capitali e risorse per acquistare certe armi da vendere a Paesi che non sono in grado di ripagargliele il fornitore risponde: “La banca mira al controllo non del conflitto, ma del DEBITO che il conflitto produce: se controlli il debito, controlli tutto… La vera essenza della natura bancaria è FARE DI TUTTI NOI GLI SCHIAVI DEL DEBITO”. Al di là del fatto che il regista Tykwer ha messo il dito in una delle più purulente piaghe della nostra era, ossia l’attività delle banche (un caso eclatante, e tutt’altro che irrealistico, è stato, negli Anni Settanta, la Bank of Credit and Commercial International, con base a Karachi, che risultò essere una centrale di sostegno e finanziamento di una vastissima rete di traffici illegali ivi compreso il sostegno ad attività terroristiche), dobbiamo ammettere che sulla “sudditanza psicologica” (e gli effetti che questa provoca) creata dal debito sulla persona nel momento in cui ottiene un prestito o un aiuto finanziario, poco si riflette e poco si lavora in termini di soluzioni!

 

Chi ha debiti vive male: un peso continuo lo opprime, lo rende triste, gli impedisce la gioia. Per chi ha debiti, la propria vita è diventata una schiavitù: nulla gli appartiene del tutto. Chi ha debiti non è più sicuro di nulla, non gode del frutto del suo lavoro, non ne può far conto. La vita stessa gli pare sfuggire inutilmente; è debole e facilmente controllabile. Inoltre, spesso è SOLO: chi ha debiti sovente, a prescindere dalla conoscenza dei motivi perché sia giunto alla situazione debitoria, viene tenuto a distanza sia perché giudicato “inaffidabile”, sia perché potrebbe avere bisogno di un aiuto che, quando le cose vanno bene, tutti affermano di essere disponibili ad offrire, ma quando la richiesta diventa reale, POCHI si mostrano coerenti con le proprie affermazioni o “credo” religiosi.

Perché, tuttavia, discriminare? Se ci pensiamo tutti siamo debitori! Secondo il “dire comune”, quando nasciamo abbiamo già contratto un “debito” con chi ci ha fatto venire al mondo (quante volte i genitori ribadiscono ai figli il dovere di essere loro riconoscenti per avergli dato la vita e per il mantenimento quotidiano). Se poi a questo aggiungiamo il fatto che siamo, a detta della Chiesa, già anche peccatori… direi che affermazioni tipo “è nato con la camicia” oppure “è nato sotto una buona stella” lasciano il tempo che trovano! D’altronde se il potere delle banche sta nel “vincolarci” attraverso debiti, la storia testimonia come anche la Chiesa abbia dominato le menti delle persone (e dunque le loro scelte) con il SENSO DI COLPA generato dal Peccato. Ragioniamo più nei dettagli…

 

Il debito comincia a sussistere quando ci prendiamo qualcosa che non è compreso nel dono. Il dono ci fa godere comunione, ci fa sentire d’essere amati, ci tiene in rapporto d’amore. Adamo era in comunione con Dio e in piena armonia con lui finché godeva del dono della vita, del giardino e dei suoi frutti e di Eva… Quando tale idillio è terminato? Adamo ha cominciato a sentire distacco, paura, soggezione e preoccupazione quando ha voluto prendersi ciò che non gli era stato donato. Da quel momento egli era in debito, un debito tra lui e Dio. Dunque, il Peccato ha introdotto il debito nella vita dell’uomo e lo ha radicato fin nel profondo.

 

Tuttavia la storia continua e l’attenzione deve essere posta sul fatto che la nostra esistenza è un dono gratuito, mai ‘pagato’, mai ricompensato da noi e che il Padre ci fa in quanto non ci vuole fare debitori! Se è pur vero che il Peccato ha trasformato la vita dell’uomo, l’ha compenetrata talmente che l’ha fatta diventare un debito così grande che non poteva essere pagato nemmeno con la vita stessa, è anche vero che il Padre nel suo infinito amore ha mandato suo Figlio.

 

Gesù ha versato il suo sangue perché dai suoi fratelli fosse cancellato ogni debito e potessero ritrovare l’unità e l’armonia col Padre e tra loro. Essi sono stati rivestiti di spirito di comunione e di fraternità, di unità e di sapienza, di servizio e di rivelazione. Ma i cristiani (e la Chiesa!!) hanno lasciato che questi doni destinati all’unità creassero divisione, e quelli destinati al servizio diventassero potere, quelli dati per l’evangelizzazione servissero all’ambizione della cultura.

Al nostro Padre riconosciamo la capacità di aver misericordia e la possibilità di rimediare ai nostri debiti. Egli può, perché è BUONO. Dunque, se non fosse per la bontà divina, saremmo tutti debitori in eterno!! Dio perdona e ascolta, per ciò ci ha “sollevato” dalla nostra condizione di peccatori.

 

Ricordo, in merito, una splendida parabola che ci riferisce Matteo al cap.18, vv. 23-35:

«…il regno di cieli è simile ad un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui, con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: paga quel che devi! Il suo compagno gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’ uomo e gli disse: servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu avere pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

 

Tuttavia Dio è Dio!! Gli uomini (seppur recitando il Padre Nostro dicano la frase “…rimetti a noi i nostri debiti COME NOI li rimettiamo ai nostri debitori”) sono più propensi per loro natura (che non è totalmente buona!) a giudicare, condannare e perseguire i debitori.

D’altronde, in questo nostro mondo, dominato dall’interesse, dall’egoismo e dal materialismo non sarebbe fruttuoso perdonare e soprattutto “rimettere” i debiti, anche se il farlo potrebbe essere moralmente più coerente (soprattutto se ci si dichiara cristiani!).

 

Molti di Voi possono obiettare: al di là di queste riflessioni proprie di chi ha la testa “fra le nuvole” (ossia, rivolta al Cielo, ossia dove “risiede Dio”!), stiamo con i piedi per terra (ossia su questo mondo) dove pare ci sia sempre meno posto per Dio e i Suoi principi, filosofie e

modus operandi che si basano sul Bene e l’Amore.

Ma ve lo immaginate un mondo dove, per esempio, le banche prestano i soldi ai correntisti (che a tal punto acquistano una nuova etichetta: “debitori”) e se poi questi sono in difficoltà gli condonano il debito??? Ad un certo punto sparirebbero le banche!!! E questo non sarebbe più proprio di questo mondo, dove chi domina e governa i sistemi di vita personali e collettivi, in tutte le sue vesti, è il DENARO!

 

Dunque, potreste concludere, cerchiamo di ragionare e proporre soluzioni secondo modalità “più pratiche”: ossia, come possiamo fare affinché un nostro debitore ci ridia quanto gli abbiamo prestato?

 

Appurato che non siamo Dio e che detta obiezione è più che plausibile per il comune mortale che non abbia un credo religioso e, quindi, “mire” per quella che solitamente definiamo “miglior vita” (per costoro tutti gli sforzi si concentrano affinchè la vita “migliore” sia innanzitutto quella terrena!) cerchiamo di individuare delle strade “costruttive” per soddisfare quanto sopra richiesto.

 

Come diceva Roberto Gervaso ne “Il grillo parlante” (1983) “C’è chi fa debiti per necessità, chi per leggerezza, chi per vizio. Solo il primo, di solito, li paga”. Quindi, innanzitutto dobbiamo “identificare” la tipologia di debitore. Così come cambia il giudizio o la condanna fra chi ruba perché in condizioni realmente precarie e chi per “ingordigia”, un conto è chi contrae debiti perché dedito al gioco d’azzardo e ai vizi, un conto chi per sopravvenute circostanze critiche (come sostiene il protagonista, Clive Owen, nel suddetto film “A volte il nostro destino ce lo ritroviamo sulla strada che avevamo scelto per evitarlo”!). Di fatto, seppur inconsciamente, questo distinguo in qualche modo lo si fa all’atto di prestare un aiuto a qualcuno: tant’è che se la persona non ci sembra affidabile per lo stile di vita che conduce o per il carattere debole, difficilmente (seppur si è di religione cattolica) gli si presta aiuto. Ci sono, però, due tipologie di “esseri” che ti danno aiuto a prescindere dai tuoi comportamenti e da quello che sei:

- gli strozzini (e simili sotto vari nomi) che comunque mirano alla schiavitù psicologica della persona e di chi/cosa gli è intorno, tant’è che prestano denaro anche a coloro che, per esempio, sono dediti al gioco e, dunque, inaffidabili e difficilmente capaci di restituire;

  • gli Angeli (nelle loro varie categorie e “forme”) che per proteggere e aiutare chi è in una situazione di debolezza e si appella sinceramente a loro possono intervenire per dare l’opportunità di liberarsi dalla PROPRIA schiavitù psicologica. Per molti, però i primi sono reali (di questo mondo), gli altri no!

Come anticipato, chi contrae debiti vive questa condizione con soggezione, paura, preoccupazione, vergogna (quando queste emozioni raggiungono una certa soglia, la persona può anche pensare ad un “gesto estremo” per conquistare una libertà che ormai non vede più raggiungibile in questo mondo) e quanto più la persona ha una natura onesta e corretta, tanto più quelle emozioni gravano ed incidono sul suo equilibrio emotivo e psichico.

 

Solitamente (e parlo proprio di questo mondo!) ciò che può portare ad una positiva risoluzione del rapporto fra le parti è solo un “atteggiamento” costruttivo e fiducioso del creditore. Se non in nome di quel Bene o dei valori cristiani, per lo meno per quello che definisco “sano egoismo”. D’altronde che cosa ci si guadagna a perseguitare, minacciare, intimorire, ricattare chi è nella posizione di debitore che viene in tal modod sempre più privato di energie e motivazione alla vita?? Se si distrugge psicologicamente ed emotivamente il debitore, sarà difficile recuperare quanto prestato. Con questo non voglio dire che non sia corretto pretendere, ma essendo il creditore in una condizione di libertà, lucidità mentale e potere (che spesso l’altro non vive più), a lui il compito (almeno per propria convenienza!) di trovare tempi e modi utili per consentire al debitore (che deve aver mostrato una coerente e concreta volontà di impegnarsi: e questo è generalmente proprio di chi si è trovato in difficoltà per circostanze impreviste sopravvenute o anche errori di valutazione commessi in “buona fede”) di onorare il debito.

 

Ad esempio, se è vero c he “Ci sono soltanto due mezzi per pagare i debiti: sforzandosi di aumentare il reddito, sforzandosi di diminuire le spese” (Thomas Carlyle, “Presente e passato”, 1843), aiutare il debitore ad individuare nuove opportunità di lavoro, analizzare insieme a lui i propri stili di vita per verificare se non ci siano uscite inutili e spese superficiali che possono essere eliminate, è un modo per “garantirsi” la restituzione. Sul piano più morale, inoltre, è una forte azione di aiuto poiché oltre a pensare alle proprie tasche, ci si rende anche “educatori” verso una persona che riacquistando fiducia in sé e comprendendo modalità per ottimizzare i propri sforzi economici in termini di entrate/uscite, potrà evitare in futuro di ricadere in analoghe problematiche.

 

Un altro aiuto importante è legato agli atteggiamenti del creditore che non venendo soddisfatto nelle sue richieste e aspettative cade spesso nel rancore e odio verso il debitore intraprendendo così una serie di “vendette”. La più immediata è il parlarne male e screditarlo agli occhi della Comunità di appartenenza. Ora, se questo è “comprensibile” nel quadro della terrena umanità, si pensa mai a qual è il ritorno di simili azioni? Una persona di cui tutti si fanno un’immagine negativa, collettivamente ritenuta (a seguito di dicerie ed informazioni parziali, poiché mai la “gente” conosce interamente la storia e le cause che hanno portato un individuo a trovarsi in certe situazioni di difficoltà!) inaffidabile o “mascalzone”, come può sperare di trovare chi gli dia l’opportunità, ad esempio, di lavorare per riparare alle sue mancanze?? Se a questo poi aggiungiamo (e qui nuovamente parliamo di “questioni di altre dimensioni”) che la negatività ne genera altra e, dunque, che chi già è in una situazione di debolezza se s i trova tutti contro non potrà che alimentare un circuito di negatività che rischia di non avere fine, mi viene da chiedere: “Dell’impossibilità o difficoltà in cui spesso si trova il debitore ad onorare il debito, quanto è solo sua responsabilità e quanto di chi lo circonda e del creditore?”.Quando una banca accorda un fido ad un artigiano perché ha deciso di credere nel progetto di sviluppo della sua attività (quindi gli dà fiducia) e poi, perchè la crisi “avanza” o su una banca dati compare una “nota” sul nominativo di quell’artigiano a seguito del saltato pagamento di una rata, essa impone l’immediato rientro della cifra quando lui è in quel momento impossibilitato a restituire la somma, non è forse essa responsabile della “morte annunciata” di quella piccola azienda?

 

Perché quando viene accordato un prestito si fa un atto di fiducia (basato sulla solvibilità e correttezza del debitore) e quando cause di forza maggiore compromettono la possibilità di restituzione programmata del debitore non solo la fiducia scompare, ma si innesca l’odio e la volontà di perseguitare e danneggiare lo stesso?…

 

Qualcuno direbbe: “Perché l’Uomo è naturalmente sado-masochista”… è proprio così!?

 

Simona Mingolla – Lazio Opinioni

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